FILM 4 FRIGHTFEST 2012 – 13th Edition

Puntuale come ormai ogni anno il FrightFest riempira’ di film e di fan l’Empire Cinema di Leicester Square a Londra.
Come sempre, anche per questa edizione numero tredici, le sorprese verranno svelate poco a poco, per cui l’8 Giugno saranno annunciati i film che apriranno e chiuderanno il festival, mentre il 29 Giugno verra’ reso noto l’intero programma.
Per ogni notizia e update basta consultare il sito ufficiale e ricordarsi che l’appuntamento e’ per il lungo weekend alla fine di Agosto, dal 23 al 27. Chi vorra’ immergersi nella terrrificante e fantastica atmosfera di uno dei festival di punta del genere horror/fantasy nel mondo non potra’ mancare.

Scared yet?

ATTACK THE BLOCK

di Joe Cornish con John BoyegaJodie Whittaker and Alex Esmail

Abitando a South London non si puo’ non vedere Attack the Block.
Mescolando fantascienza, horror, commedia e buoni sentimenti, il regista Joe Cornish confeziona un film ben fatto, originale e al di là di ogni aspettativa e luogo comune.

Un gruppetto di ragazzini deve combattere contro degli alieni meta’ orsi neri meta’ cani rabbiosi con terrificanti bocche fosforescenti nella speranza di salvare le proprie vite e quelle degli abitanti del palazzo dove vivono. Trascinati da Moses, i nostri eroi dovranno mettere da parte odio e contrasti per sconfiggere insieme un un nemico comune, tra colpi di scena, strampalati personaggi, coltivazioni di marijuana e mostri letali.

Attack the Block e’ stato il film rivelazione dell’autunno scorso in Inghilterra, colpendo e sorprendendo tutti con la sua freschezza e il suo dinamismo, nonostante un budget ridotto ed effetti fatti in casa, ma estremamente efficaci. Piu’ di una volta si salta sulla sedia e si teme per i nostri protagonisti, e va subito detto che a differenza dei Goonies o della gang di Stand by Me, qui non a tutti toccherà la stessa sorte. Ogni personaggio è ben delineato e ha un suo scopo ben preciso, e il regista gestisce straordinariamente i giovanissimi attori tutti alla loro prima esperienza e trovati nelle scuole locali. Tra il cast di contorno l’ormai popolare Nick Frost dà una mano interpretando un particolare inquilino del palazzo in cui si svolge quasi tutta l’azione, ma tutto il peso del film è sorretto da Moses e dai coraggiosi ragazzini. Ognuno di loro combatte contro dei mostri sconosciuti e terrificanti, ma in realtà è come se combattesse contro le difficoltà, i soprusi e gli ostacoli di tutti i giorni, contro le ingiustizie e le contraddizioni di un quartiere difficile e difficili situazioni personali. Tra i dialoghi furbamente costruiti non mancano battute e frecciate contro un sistema che si dimentica ancora troppo dei giovani ragazzi che crescono in situazioni complicate loro malgrado e anche contro i “bianchi” che tendono ad aiutare maggiormente bambini in Africa perchè è più esotico e ci si abbronza meglio che a Londra.
Quasi per uno scherzo del destino, dopo poche settimane dall’uscita del film sono scoppiati a Londra gli ormai famosi scontri che hanno sconvolto la città. Nonostante l’origine del caos non sia stata a South London e molte zone a sud del Tamigi non abbiamo vissuto nessun tipo di dramma, il film è diventato simbolo di ribellione per le classi meno abbienti e per i giovani delle aree più in difficoltà, ma a differenza della stupida superficialità poi dimostrata dai “ribelli” incappucciati che hanno devastato intere zone della città, Attack the Block non è per niente superficiale né stupido. Attraverso le surreali vicissitudini di Moses e i suoi compagni, il film di Joe Cornish, anch’egli nato e cresciuto a South London – fa riflettere, spaventare e divertire come non si vedeva da tempo.
This is my block!

VOTO: 7.5

MARTHA MARCY MAY MARLENE

(LA FUGA DI MARTHA)

di Sean Durkin con Elizabeth Olsen, Sarah Paulson and John Hawkes

Che cosa significa essere liberi?
Martha Marcy May Marlene è un film crudo, essenziale e duro, che colpisce dritto allo stomaco e sovverte le regole del cinema indie d’autore pur rimanendo fedele ai canoni narrativi e stilistici tipici del genere

Dopo aver vissuto per due anni in una setta/comune in cui ragazze e ragazzi sbandati venivano accolti da un leader messianico violento e psicolabile, Martha decide di non voler proseguire quella vita e irrompe in casa della sorella. Qui cercherà di ritornare a un’esistenza normale e senza pressioni psicologiche imposte da altri, ma la transizione si rivelerà più difficile del previsto.

Al suo primo lungometraggio Sean Durkin sceglie di scrivere e raccontare una storia intensa e piena di significati nascosti tra le lente sequenze e i lunghi silenzi. I pochi dialoghi e i molti dettagli del viso e del corpo fanno sì che tutto il peso del film sia sulle spalle di Elizabeth Olsen, che regala un’inaspettata e straordinaria interpretazione nei panni della paranoica e confusa Martha, e di John Hawkes, che si conferma attore talentuoso, capace e dotato di grande carisma. Il suo personaggio (Patrick) di leader della setta/gruppo è liberamente ispirato a Charles Manson, e diversi tratti del suo carattere o delle sue azioni sono riscontrabili nel folle criminale, ad esempio il nome standard che tutti gli adepti usano quando rispondono al telefono, o i nuovi nomi che affibbia ai nuovi membri, o ancora le rapine nelle case di notte.
Nonostante la trama abbastanza semplice e lineare, il film si complica e diventa più interessante grazie alla maniera in cui è costruito e montato. In una continua alternanza di scene tra presente e passato cucite insieme magistralmente, assistiamo alla storia di Martha sempre dal suo punto di vista, e proprio per questo anche noi siamo confusi e persi quanto la protagonista. E’ peggio sottostare a regole indette da uno squilibrato, ma convincente personaggio o a quelle imposte dalla nostra società? E’ meglio essere parte integrante e fondamentale di una setta o vivere da ingranaggio senza troppa utilità nella cosiddetta società? E’ peggio ascoltare gli insegnamenti e i discorsi motivanti di un leader dalla dubbia moralità o obbedire ai consigli e alle indicazioni senza appello di una sorella simbolo di una società borghese e conservatrice? Martha vorrebbe risposte alle sue domande, ma più le cerca più aumentano i dubbi.
MMMM viene definito un film horror, ma non si vede sangue, non fa paura e non si salta sulla sedia. L’orrore è dietro la bassezza di certi comportamenti e dietro l’abuso che Patrick fa del suo viscido appeal e magnetismo. L’orrore è dietro una canzone suonata alla chitarra, e dietro uno sguardo fintamente benevolo.
Chiunque imponga pensieri e convinzioni ad altre persone non vuole il loro bene, o almeno questo è quello che Martha arriva a pensare. Ma il percorso della vita è tortuoso e imprevedibile, e a volte per capire che si è fatta la scelta sbagliata bisogna farne una giusta, ma chi è che giudica?

VOTO: 7.5

AMERICAN REUNION

(American Pie: ancora insieme)
di Jon HurwitzHayden Schlossberg
con Jason BiggsAlyson Hannigan e Seann William Scott

Nel 1999 il primo episodio di American Pie sovverti’ le regole della commedia aggiornando lo stile Animal House e grottesco degli anni 80, ma senza scadere nell’esagerazione dei fratelli Farrelly o nel demenziale/parodico delle pallottole spuntate, e mescolandolo ai “buoni” sentimenti e alle esperienze di formazione tipiche di John Hughes.

A tredici anni dall’ultimo anno di liceo, Jim, Stifler, Oz, Finch e Kevin si ritrovano per festeggiare l’anniversario del diploma, ma anche per staccare la spina e per fare il punto sulle loro attuali situazioni. Jim e Michelle sono sposati con un figlio e annoiati, Oz e’ diventato un celebre personaggio televisivo e ha una fidanzata modella, Kevin e’ sposato e pussy-whipped, Finch e’ diventato uomo di mondo, mentre Stifler…e’ sempre Stifler. Ritrovarsi e ripensare ai tempi andati mettera’ in moto una serie di eventi che riassestera’ inaspettatamente la vita di ognuno di loro.

Dopo il terzo capitolo la saga di American Pie era pericolosamente degenerata in ambiti al limite del divertente e del buon gusto, anche se il settimo episodio si riscattava con una ritrovata vitalita’, ed era solo questione di tempo prima che gli eroi della classe del 99 si riunissero. Chi si aspettava una commedia sboccata, stupida e imbarazzante dovra’ invece ricredersi e assistere a un film piu’ adulto e consapevole del cambiamento dei tempi. Certo, nei primi cinque minuti ci sono subito due gag a base di masturbazione e Stifler e’ sempre l’anima della goliardia e delle scene piu’ grottesce, con tanto di battute volgari e frecciate irriverenti, ma il contesto è cambiato e anche il suo personaggio dovra’ adattarsi a una realta’ che non e’ piu’ quella di un gruppo di diciottenni che volevano solo fare sesso a qualunque costo.
Chi ha meno di 28/29 anni non si divertirà tantissimo e non coglierà fino in fondo tutte le riflessioni sulla vita e sul tempo che fu – non troppo profonde a dire il vero – e le varie sfumature tipiche dei film in cui la nostalgia di un passato apparentemente migliore la fa da padrone. Ma è proprio nei momenti in cui sembra non esserci uscita da una inevitabile malinconia e da un principio di crisi da fallimento, che entrano in gioco gag puerili, tette gratuite e una facile morale.
Nessuno dei cinque amici è soddisfatto della propria vita, ma ognuno di loro alla fine crede di aver trovato la soluzione. Che sia convincersi di stare bene con la donna che già si ha di fianco o farsi invece riaccendere da vecchie fiamme, la sostanza non cambia. Tutti hanno costantemente bisogno di conferme e sicurezze, e a volte è difficile accettare sia di essere felici, sia di non esserlo, sempre in dubbio e sempre alla ricerca di qualcosa di diverso e di idealmente più adatto che sembra non arrivare mai. Ma se invece l’abbiamo già trovato? Dov’è il confine tra l’essere sereni veramente e l’essersi convinti di esserlo? Come si capisce se si guarda Desperate Housewives perchè piace sul serioi o perchè piace alla persona che ci sta di fianco?
American Reunion vive certamente di rendita grazie agli episodi precedenti, e non cerca neanche di nasconderlo, anzi non perde occasione di citare vecchie gag o di far spuntare piano piano tutti i personaggi principali di allora, Nadia compresa. Fortunatamente gli autori hanno messo al centro del film Stifler, motore comico trainante dell’intera serie nonostante sia a tratti irritante, e il padre di Jim, unico a essere presente in tutti i capitoli e straordinariamente divertente ogni volta che apre bocca. Come divertenti e furbi i riferimenti a elementi di cultura popolare contemporanei, come Dancing with the Stars, o a Facebook, email, cellulari, e persino New Moon. Appena Stifler nomina il popolare libro diventa immediatamente un catalizzatore per liceali, evidenziando la pochezza di argomenti e l’appiattimento dei rapporti.
Possibile che ci si senta già cosi fuori tempo e fuori luogo a trent’anni?
Meno male che ci pensa la mamma di Stifler a riportarci in territorio familiare.
Ma occhio alle sorprese e al cameo finale.

VOTO: 6.5

CHRONICLE

di Josh Trank con Dane DeHaan, Alex Russell e Michael B. Jordan

Ennesimo film su ragazzetti con superpoteri? Sí.
Ennesimo film basato su “found footage” (filmati ritrovati) stile Blair Witch Project? Sí.
Ennesimo film che omaggia (leggi ‘plagia’) capolavori gia’ esistenti? Sí.
Eppure il nuovo film di Josh Trank, giovanissimo regista al suo primo lungometraggio, e’ di quelli che esce dal gruppo e si distingue per idee e resa visiva.

Tre amici all’ultimo anno di liceo acquistano superpoteri (volano, muovono oggetti con la mente etc.) in circostanze non ben chiare e approfondite, ma dopo un primo momento di stupore e stravaganti attivita’, scoprono che non e’ cosi facile gestirli e resistere al richiamo del “lato oscuro”.

Il budget striminzito costringe il regista a ottimizzare tutte le risorse disponibili e a utilizzare trucchi banali e semplici, ma molto efficaci. I ragazzi sono chiaramente attaccati a dei fili mentre volano, cosi come i trucchetti che utilizza uno dei protagonisti per stupire tutta la scuola durante un talent show sono divertenti ed empirici, ma e’ il contesto che rende tutto credibile e coinvolgente,.
Chronicle, pero’, ha anche un lato oscuro, come detto, e presto i tre ragazzi si troveranno a doverlo affrontare. Facile farsi belli, ma facile anche farsi prendere da un delirio incontrollabile di onnipotenza. In questo il film dimostra la sua maturita’. I tre amici non si comportano da eroi, non si sentono investiti da grandi responsabilita’ derivanti da grandi poteri. Si sentono semplicemente tre teenager con capacita’ incredibili e potenzialmente pericolose, per cui quello che fanno e quello di cui discutono e’ facilmente relazionabile a qualsiasi persona. Sono molto piu’ vicini a noi di Peter Parker (Spiderman), Bruce Wayne (Batman) o altri piu’ famosi supereroi. Andrew, Matt e Steve sono i nostri vicini di banco e per questo l’empatia che si crea e’ notevole. Ovviamente tutti e tre sono personaggi costruiti ad hoc e piuttosto stereotipati (il timido e problematicizzato, il popolare, e il ragazzetto di colore), ma questo non toglie intensita’ alle vicende in cui vengono coinvolti.
I punti deboli pero’ ci sono. Intanto lo stratagemma del found footage non e’ del tutto necessario ai fini della verosimiglianza. Piuttosto sembra un ostacolo per trasformare il film in un esercizio di stile: Andrew all’inizio del film decide di riprendere tutto quello che gli succede, okay; quando ha i poteri muove la telecamera con movimenti da steadycam o dolly, okay furbo; e quando lui non e’ presente nella scena? Allora si utilizzano telecamere di sorveglianza o l’opportuna amica  che riprende tutto per il suo blog. Scaltro, ma forse inutilmente ricercato.
E infine i tributi e citazioni. Il riferimento al lato oscuro e’ chiaramente riconducibile a quasi tutti i supereroi esistenti e anche a Star Wars, naturalmente, ma quello che piu’ stupisce e’ il plateale omaggio ad Akira. Tutta la parte finale, e alcuni dettagli anche della storia, e’ ispirata pari pari al celebre capolavoro d’animazione, ma cio’ non toglie  molto valore a un film furbo e ben fatto. In fondo anche Tarantino cita, omaggia e “copia” a man bassa da svariati film del passato (cliccare qui per credere), per cui perche’ screditare un giovane regista che fa lo stesso anche se in maniera meno creativa e sgargiante?
Chronicle e’ un film piu’ maturo di quello che puo’ sembrare e dai risvolti inquietanti che fanno riflettere e meditare sulla condizione umana attraverso le straordinaria avventura di tre ragazzi qualunque. Sarebbe interessante vedere un seguito di questo e non l’ennesimo remake/reboot di Spiderman…

VOTO:7

THE CABIN IN THE WOODS

QUELLA CASA NEL BOSCO
di Drew Goddard con Kristen Connolly, Chris Hemsworth e Anna Hutchison

E’ difficile recensire un film come The Cabin in the Woods senza svelare piu’ del necessario e senza rovinare le mille sorprese della trama. Ho detto piu’ volte, sia riguardo gli horror che gli altri generi, che e’ ormai molto complicato creare e realizzare film originali, freschi e lontani da stereotipi gia’ visti e triti. Ebbene, The Cabin in the Woods mi smentisce e propone una storia che appare inizialmente come il piu’ classico degli horror, il solito eterogeneo gruppetto di amici in vacanza in una baita sperduta in mezzo a una foresta, ma che si trasforma piano piano in una perfetta macchina che ribalta e rivaluta il genere, scombussolando regole e luoghi comuni.
Gia’ dalla prima sequenza, totalmente estranea a ogni contesto che riguardi case, boschi o giovani in vacanza, capiamo che il viaggio sara’ diverso dal solito, e i seguenti minuti non faranno altro che confermarlo. Per circa mezz’oretta non si capira’ bene o male niente, e si assistera’ a due situazioni parallele senza analogie che…e ho gia’ detto troppo.
Il regista Drew Goddard, al suo primo lungometraggio – ma gia’ autore di Cloverfield, Lost e Buffy tra gli altri – con l’aiuto fondamentale di Joss Whedon, realizza un film furbo e genialmente congegnato che rende omaggio a tutta la storia del cinema horror (cliccare qui per tutte le citazioni, ma solo dopo aver visto il film) e che non lesina su sangue, teste mozzate e urla. Ma il punto non e’ questo.
Lasciato su uno scaffale per circa tre anni, The Cabin in the Woods sfrutta ora “casualmente” il successo recente di Chris “Thor” Hemsworth, unico elemento di richiamo tra i giovani protagonisti. Ma i vari personaggi sono solo pupazzi nelle mani di un destino crudele, e come tutti noi liberi di scegliere e decidere, ma fino a un certo punto. E man mano che la vicenda prosegue non si perde occasione per riflettere su tematiche piu’ grandi e importanti della storia in sé. L’indifferenza nei confronti di una violenza che ci rende ogni giorno piu’ cinici e freddi, la smania di vedere, spiare e controllare tutto e tutti come se vivessimo perennemente in un grande fratello globale, e infine una volontaria o meno sottomissione a poteri imposti, ex. religione.
Okay, ho detto veramente troppo, ma insomma, tutti sanno che Alec Guinnes ha interpretato 8 personaggi in Kind Hearts and Coronets (Sangue Blu)!

VOTO:7.5

AVENGERS ASSEMBLE

di Joss Whedon con Robert Downey Jr., Chris Evans e Scarlett Johansson

Uno dei film più attesi dell’anno e una delle scommesse più ardite di Hollywood, Avengers Assemble ha mantenuto (in parte) le promesse, ma dall’essere spettacolare a diventare un capolavoro la strada è lunga.

Loki, fratello di Thor, vuole dominare la Terra con l’aiuto di un esercito di alieni, e l’unica cosa che Nick Fury, capo dell’organizzazione governativa S.H.I.E.L.D., può fare è riunire i più grandi supereroi (Marvel) conosciuti e combattere per salvare il futuro del mondo. Ed è cosi che Thor, Iron Man, Captain America, The Hulk, Black Widow e Hawkeye iniziano una battaglia che cambierà non solo il destino del pianeta, ma anche le loro vite.

Avengers è un film rumoroso, spettacolare, senza mai un calo di ritmo tra scontri, rese dei conti, faccia a faccia, combattimenti frenetici, tuoni, fulmini, esplosioni, riparazioni in volo, portaerei volanti, superpoteri, e chi più ne ha etc.
Ma cosa c’è al di là della goduria visiva?
La sceneggiatura è sorprendentemente ben congegnata e l’equilibrio tra la varie parti ben gestito, nonostante alcune soluzioni non troppo originali nello scioglimento finale che fanno pensare ad altri film precedenti. Il punto di forza di Avengers, cioè la presenza di più supereroi nello stesso film, sarebbe potuto diventare il suo più grande difetto e ostacolo, ma Joss Whedon è riuscito a bilanciare ogni ego evitando di creare favoritismi, e nello stesso tempo rendendo ognuno dei protagonisti unico e distinguibile per carattere e personalità.
Un superbo Samuel L.Jackson nei panni di Nick Fury tiene le redini del branco, dando ordini e facendosi rispettare come se avesse aspettato tutta la vita per interpretare questo ruolo. Tony Stark (Iron Man) è indubbiamente il mattatore del gruppo, sempre con la battuta pronta e una frecciata per tutti; Captain America è il bravo ragazzo legato ancora agli anni 40, ma anche alla sua ineccepibile integrità; Thor è il solito grezzo e poco delicato guerriero che si è fatto conoscere nel precedente film di Kenneth Branagh, ma la sua lealtà al gruppo e il suo senso di responsabilità lo rendono un elemento chiave; The Hulk è sicuramente la sorpresa più piacevole del film, tanto credibile e toccante quanto ironico e divertente, diventa finalmente un personaggio degno del suo valore cartaceo ingiustamento ridicolizzato e stravolto nei film precedenti. Edward Norton avrebbe dovuto riprendere il ruolo di Bruce Banner, ma fortunatamente alla fine il testimone è passato a Mark Ruffalo, e The Hulk ha finalmente un’anima. Black Widow è forse il personaggio meno accattivante, ma grazie alla sua presenza il film gode di un tocco femminile che dà spessore e un senso maggiore alla vicenda, senza dover essere per forza una modella Burberry, ma anzi picchiando e sanguinando come tutti. Hawkeye, infine, rimane sempre un tantino defilato, lasciando la scena a chi interessa maggiormente essere al centro dell’attenzione, ma il suo apporto alla missione è fondamentale. Menzione particolare per Loki (Tom Hiddleston), supercattivo sulle cui spalle si poggia tutto il male e la storia di Avengers, ma che si dimostra perfettamente all’altezza con il suo fare scespiriano – puntualmente beccato da Tony Stark – e con la sua folle lucidità a metà tra Norman Bates e il Joker di Heath Ledger.

Con un 3D per niente invadente ed eccessivo, Avengers regala più di due ore di puro intrattenimento, riuscendo a non prendersi troppo seriamente e nello stesso tempo incollando gli occhi allo schermo e facendo riflettere attraverso metafore e simboli sull’attuale situazione politica ed sociale. Grazie alle battute di Robert Downey Jr., in forma splendida e con indosso sempre una maglietta dei Black Sabbath, e grazie a una sceneggiatura costruita ad hoc per tutti i supereroi, e anche per i fan, Avengers colpisce in pieno il bersaglio. Il film giusto al momento giusto, ma che rischia di soddisfare completamente la fame di supereroi del pubblico, saturando tutte le sale e rendendo incerto il futuro dei prossimi film dei singoli personaggi.
La sensazione però è che la saga sia appena iniziata, e Samuel L.Jackson non ha ancora vinto un Oscar.

VOTO: 7.5