FILM4 FRIGHTFEST – 13a Edizione – Parte 1

La tredicesima edizione del FrightFest si e’ appena conclusa e mai come quest’anno e’ stata ricca di film, ospiti e sorprese. Con ben tre sale dell’Empire Cinema concesse al festival, il numero di film e’ stato altissimo, e nonostante a volte la qualita’ dei prodotti non abbia raggiunto il livello dell’iniziale aspettativa, non sono mancate le perle da ricordare.

 Il film di apertura e’ stato The Seasoning House diretto dall’esperto di effetti speciali e make up Paul Hyett, finalmente dietro la macchina da presa con un film duro e crudo sulle conseguenze del dopoguerra civile nei Balcani. Angel e’ una ragazzina sordo-muta che dopo aver assistito alla terribile morte della madre per mano di sadici soldati, viene costretta a lavorare come sguattera e badante in una casa/bordello piena di giovani ragazze schiave di abusi e violenze. Angel sara’ l’unica in grado di minare il potere dello spietato Viktor per cercare di trovare una via di uscita, ma il percorso si rivelera’ essere pieno di ostacoli da affrontare senza peli sullo stomaco.
Horror allo stato puro senza esclusione di colpi, tra stupri, violenze – fisiche e psicologiche – tensione e ironia nera. Un film inglese che di inglese non ha niente, tranne la targa sbagliata di una macchina, e che riesce a non far distogliere gli occhi dallo schermo neanche durante le scene piu’ cruente. Cameo di Neil Marshall. Ottima scelta per l’apertura del FrightFest.

A seguire e’ stato il turno di Cockneys vs Zombies, con un abbassamento di toni drammatici in favore di ironia e splatter nel piu’ puro stile zombi. Quando sembra non esserci piu’ niente di originale nel mondo dei non-morti ecco che nel film debutto di Mathias Hoene troviamo alcuni spunti che, anche se non originalissimi, riescono a divertire e a intrattenere.
Londra e’ infestata di zombi, e un improbabile gruppo di ladri maldestri cerca di sopravvivere e aiutare un altro improbabile gruppo di anziani che abitano una casa di cura destinata alla demolizione. La vivace e divertente sceneggiatura di James Moran – presenza fissa del FrightFest – con dialoghi frizzanti e battute a raffica, aiuta un film altrimenti segnato da precedenti come Shaun of The Dead, e con l’apporto di formidabili effetti di make-up, armi automatiche e originale inventiva – vedi la placca di metallo in testa a uno dei personaggi – Cockneys vs Zombies diventa un filmetto divertente che si erge al di sopra di molte altre storie di zombi. Peccato per l’eccessiva presenza di dettagli e slang legati a East London, ma l’esperienza del veterano Alan Ford, su tutti in ogni scena in cui e’ presente, da’ decisamente spessore e professionalita’ al film.

Il secondo giorno del festival ha visto la presenza dell’icona horror Dario Argento, e tra i film, il cileno Hidden in the Woods (En las Afueras de la Ciudad) e lo spagnolo REC 3: Genesis.
Dario Argento era la guest star della giornata, con tanto di intervista nella sala principale e autografi sull’ultimo libro di Alan Jones “Dario Argento: The Man, the Myths and the Magic“. Purtroppo la fluidita’ di Argento nella lingua inglese e’ limitata, e l’intervista non e’ stata delle piu’ entusiasmanti. Ha pero’ cercato di promuovere e vendere il suo ultimo Dracula 3D raccontando aneddoti e le ragioni di questo improbabile film. Una straordinaria proiezione in 3D di Dial M for Murder (Il Delitto Perfetto) di Hitchcock ha convinto Argento a sperimentare il 3D – guai a definirlo ‘moda’ in sua presenza – e la voglia di rivisitare il mito di Dracula in chiave piu’ horror e fantastica ha fatto sí che il progetto si sia realizzato. Purtroppo i primi trailer e commenti non lasciano sperare a niente di rivoluzionario, anzi, alcune scene sono gia’ diventate culto grazie a improbabili scelte stilistiche. Vedremo.

L’ultima fatica del giovane regista Patricio Valladares e’ purtroppo uno delle delusioni di questa 13esima edizione. Ispirato a fatti realmente accaduti, Hidden in the Woods vede le due sorelle Ana e Anny vittime di abusi e maltrattamenti da parte di un padre violento e alcolizzato. Abbandonate e lasciate a vivere da sole nella foresta insieme al frutto degli abusi paterni, le due ragazze dovranno cavarsela da sole in una realta’ dominata da uomini perversi e violenti, narcotrafficanti senza scrupoli, e un rispetto per le donne inesistente.
Nonostante l’incredibile crudezza e intensita’ di varie sequenze – dallo stupro al cannibalismo passando per accoltellamenti e sparatorie – a Hidden in the Woods manca una sceneggiatura e attori convincenti. La sensazione di trovarsi dentro a una soap opera sudamericana e’ sempre presente – io sono tuo padre, no lui e’ tuo padre etc – e nessuno degli attori appare a suo agio. Il boss Uncle Costello sembra che non si ricordi mai le battute e dica la prima cosa ovvia che gli passa per la testa, e la bassa qualita’ del suono in presa diretta non aiuta la sua causa. La fotografia saturata e immagini psichedeliche lo avvicinano a Hobo with a Shotgun, ma con un Rutger Hauer in meno e senza quella macabra e intelligente ironia.

La prima serata di venerdí era occupata dal terzo episodio della saga di Rec, REC 3: Genesis.

Il regista Paco Plaza e la protagonista (sua moglie) Leticia Dolera erano presenti per assistere insieme al pubblico del FrightFest a questo atteso capitolo. Paco Plaza ha tenuto a precisare le ragioni per cui REC 3 e’ diverso dagli altri, e aver abbandonato la soggettiva e la claustrofobica palazzina e’ stata una scelta di rinnovamento e cambiamento.

Clara e Koldo stanno festeggiando il loro giorno piu’ bello, quando improvvisamente gli ospiti iniziano a infettarsi e a trasformarsi in zombi affamati di carne umana. Insieme dovranno riuscire a fuggire dal luogo della loro festa e capire che cosa stia succedendo, ma lungo la strada ci saranno da affrontare mille insidie e pericoli.

L’immagine di Clara vestita da sposa con una motosega in mano e’ gia’ diventata il simbolo del film ed emblema di tutte quelle donne che combattono contro le avversita’ della vita, ma il film di Paco Plaza non e’ solo questo. Dopo un geniale inizio con 20 minuti di soggettiva ripresi da ospiti al matrimonio, inizia il film “normale” e anche le sequenze piu’ crude e splatter, realizzate con straordinaria verosimiglianza. La fuga dagli zombi e’ condizionata da varie avversita’, ma l’unico valore che tiene uniti i due protagonisti e’ qualcosa di tanto incondizionato, incontrollabile e allo stesso tempo logico, quanto la fame di carne dei non-morti. Nulla puo’ separare Clara e Koldo ed e’ per questo che REC 3 si puo’ definire una rom-zom (romantic zomedy) in cui i tre ingredienti principali sono, secondo la stessa Leticia Dolera: amore, humor e avventura. Peccato per la svolta religiosa che toglie un tantino di suspense alla storia, e peccato che l’intero film non aggiunga nessun dettaglio all’intera saga. Mentre Clara e Koldo combattono con motosega e spada, Ángela Vidal e il cameraman Pablo sono chiusi nella palazzina in Rambla de Catalunya 34, ma il finale di REC 3 tocca il cuore con una grazia e una sensibilita’ inaspettate.
Finché non-morte non ci separi.

TED

di Seth MacFarlane con Mark WahlbergMila Kunis e Seth MacFarlane

Anche per Seth MacFarlane era solo questione di tempo prima di gettarsi nell’avventura di un film con persone in carne ed ossa – e un orsetto animato al computer – e tentare di evadere dal suo impero d’animazione composto da Family Guy (I Griffin), American Dad e The Cleveland Show. Purtroppo, pero’, per quanto Ted sia divertente e provocatorio, rimane figlio della comicita’ propria dei titoli riportati sopra. Complici diversi fidati membri della famiglia di Family Guy – Mila Kunis, Patrick Warburton e lo stesso MacFarlane  tra gli altri – la sensazione e’ di essere dentro un lungo episodio del famoso cartone, bersagliati da battute a raffica e (divertenti) volgarita’, ma nonostante questo l’innata creativita’ di MacFarlane rende Ted una commedia come non se ne sono mai viste prima.

A 8 anni John esprime il desiderio che il suo orsacchiotto di pezza prenda vita per avere finalmente un amico. Detto, fatto. Ted diventa una persona con sentimenti, emozioni e una notevole capacita’ dialettica, e vivra’ con John per 27 anni fino a che Lori, fidanzata di John, non gli porra’ un ultimatum. O  diventa un adulto responsabile o rimane a ubriacarsi e fumare canne in compagnia del suo orsacchiotto per il resto della vita, ma senza di lei. Una girandola di eventi e circostanze faranno fare a John la scelta giusta. O forse no?

Grazie a un gruppo di attori capaci – Mark Whalberg e’ eccezionalmente autoironico – e perfettamente a loro agio con la pesante, e spesso surreale, comicita’ di MacFarlane, Ted riesce a essere un divertente e delirante trattato sulla transizione da pigro-indolente-infantile a maturo-responsabile-affidabile. A questo punto potrebbero partire mille discussioni sul perche’ di alcune scelte, sulla necessita’ o meno di compiere tale transizione, sulla decisione ‘meglio rimanere con Ted o con Lori?’, e non ultima, sulle motivazioni che spingono tutti noi a compiere certe scelte piuttosto che altre. Il personaggio interpretato da Mark Whalberg e’ sempre in balía di correnti indipendenti da lui, come Ted che lo tenta con marijuana, Lori che lo minaccia di andarsene, il capo al lavoro che lo umilia, ma il punto e’ che solo lui puo’ decidere quello che vuole. Ed e’ cosi’ che dovrebbe essere per tutti. Le convenzioni e le pressioni sociali esistono e influiscono sulla vita di tutti i giorni, ma non e’ necessario basare la propria vita su di esse.
Ted e’ surreale, irriverente – si apre con una battuta su ebrei e continua poi con frecciate a indiani, musulmani, 11 Settembre, celebrita’ varie etc –  e a tratti fuori da qualsiasi tipo di schema, ma grazie al genio di MacFarlane tutto sembra avere senso. I riferimenti a Family Guy ci sono, ma quanto basta, la presenza di ospiti illustri anche (Sam “Flash Gordon” Jones su tutti), le citazioni a film e personaggi anni 80/90 non si contano, cosi come non mancano colpi di scena, inseguimenti in macchina e il finale buonista e speranzoso.
Sembra strano vedere un orsacchiotto animato che spara volgarita’ a raffica, mangia, ci prova con tutte le ragazze e fuma marijuana?
Forse l’ultimo di Katy Perry vi piacera’ di piu’…

VOTO: 7

SHADOW

(2009) di Federico Zampaglione con Jake MuxworthyKarina Testa and Nuot Arquint

Tornato dalle vacanze mi ritrovo gia’ in clima di FrightFest 2012 (Empire Cinema, Leicester Square, Londra 23-27 Agosto) e per entrare in atmosfera ho deciso di guardare il primo film horror di Federico Zampaglione, Shadow.
Proiettato proprio al FrightFest Festival nel 2009, Shadow e’ un discreto lavoro di intensa paranoia e lucida follia che vede un reduce di guerra appassionato di biking, David, in giro per paesaggi di montagna mentre cerca di elaborare e dimenticare le atrocita’ vissute. Durante questa vacanza incontra Angeline, biker come lui, ma anche due loschi ceffi che per ragioni non precise cercheranno di ucciderli entrambi.
La storia prosegue senza grossi scossoni fino alla mezz’ora finale in cui tra colpi di scena e svolte inaspettate il film guadagna decisamente spessore.

Federico Zampaglione, che quest’anno presenta al FrightFest il suo ultimo film Tulpa, non e’ ancora un regista di peso ed esperienza, e la sua verve e creativita’ perdono decisamente di intensita’ in un lungometraggio. Nonostante, pero’, le lacune dal punto di vista della scioltezza e profondita’ narrativa, Shadow gode della passione del regista per l’horror: la figura del sadico e surreale torturatore e’ simile a tante, ma originale e inquietante nel suo genere; la volonta’ inoltre di non mostrare in camera tutto quello che succede da’ al film una piega diverso rispetto allo stile tortura-esasperata ormai tanto di moda nel mondo horror, mentre invece Zampaglione vuole che lo spettatore inorridisca immaginandosi cio’ che succede senza tanti dettagli palesi.
Dopo essersi fatto le ossa con Nero Bifamiliare e Shadow, Federico Zampaglione pare essere pronto per un film di livello, sperando che non si faccia trascinare dai soliti cliché italiani presenti in vari film nostrani, e che riesca ad andare al di la’ di un discreto film ben fatto, con buone idee, ma senza una struttura narrativa ben solida.

VOTO: 6.5