GRAVITY

di Alfonso Cuaròn

gravityJames Cameron l’ha definito il miglior film ambientato nello spazio che sia mai stato realizzato, ed è proprio grazie alla tecnologia sviluppata da Cameron per Avatar che Alfonso Cuaròn ha potuto creare quello che aveva in mente e in cantiere già da diversi anni. GRAVITY però non è solamente una mostra di straordinari effetti visivi senza contenuti, anzi, la sceneggiatura composta di pochi, ma efficaci, dialoghi lascia il campo a una splendida interpretazione da parte di Sandra Bullock e di un George Clooney che fa un po’ se stesso, ma lo fa bene.

Dopo essere stati investiti da uno sciame di detriti spaziali, Ryan Stone e Matt Kovalski sono alla deriva e devono trovare il modo di ritornare sulla terra. In un mare infinito di silenzio e di assenza di gravità, i due avranno a disposizione pochissime risorse per tentare il tutto per tutto.

Come in un vorticoso balletto o, più metaforicamente, nelle situazioni della vita in cui ci si ritrova sballottati da eventi e cause che non sempre dipendono da noi stessi, i due astronauti sono in preda a leggi e a sensazioni non paragonabili a niente sul pianeta terra, tranne quando si tratta di confrontarsi con se stessi. La resa dei conti con ciò che eravamo e che siamo, la sfida dell’esistenza e le incognite del futuro, questo è quello che mantiene in vita anche nello spazio.
Mentre il personaggio interpretato da George Clooney non permette all’attore di sfoderare tutte le sue capacità, quello a cui dà vita Sandra Bullock è pieno di sfumature e sfaccettature che l’attrice coglie e rielabora in maniera straordinaria trasmettendo emozioni anche solo attraverso un respiro affannato, e questo senza contare il lavoro enorme di coreografie studiate per recitare in assenza di gravità.  Al di là di computer grafica, accuratezza scientifica, fotografia studiata nei minimi dettagli e metodi all’avanguardia per rendere tutto il più verosimile possibile, GRAVITY è comunque un film incentrato sulla storia e sui personaggi, contornati da una tensione costante che non allenta mai la presa, neanche al finale pieno di significati e domande.

Alfonso Cuaròn aveva già dimostrato talento narrativo e visivo (Y tu Mamà también, Harry Potter and the Prisoner of Azkaban, Children of Men), ma speriamo di non dover aspettare altri sette anni per il suo prossimo film.

VOTO: 8

Lascia un commento