STOKER

di Park Chan-wook
con Mia Wasikowska, Nicole Kidman, Matthew Goode

stoker

Primo film americano per il regista diventato culto con la trilogia della vendetta, e come per altri registi asiatici volati a Hollywood attratti presumibilmente dai soldoni e dai red carpet, anche per quanto riguarda Park Chan-Wook la sua opera prima in terra straniera non convince appieno.

La giovane India Stoker rimane sola con la madre Evelyn dopo la morte improvvisa del padre, ma l’arrivo dello zio Charlie, fratello sconosciuto del padre, cambierà radicalmente la sua vita, aprendola a strade che lei stessa non pensava potessero neanche esistere.

Park Chan-Wook trasferisce su schermo una sceneggiatura di Wentworth Miller, l’eroe di Prison Break la cui storia era la prima nella black list delle più interessanti non realizzate del 2010, e pare evidente fin dall’inizio un imbarazzo nella scelta del tono. Forse per pressioni della produzione (lo stesso Miller, ma anche Ridley e Tony Scott appaiono tra i produttori), forse per una voglia di cambiare registro, forse per tentare di stupire con armi non proprie, fatto è che Stoker non ha quella fluidità e quel ritmo narrativo che incollano allo schermo senza lasciarti mai un secondo.
La maestria e la sensibilità del regista non si discutono, la poeticita’ di alcune inquadrature e di vari cambi di scena tradiscono un talento visivo che Hollywood non puo’ cancellare, cosi’ come l’importanza dei colori, dei suoni e della violenza, sempre presente, ma mai fine a se stessa. Il peso di una straordinaria trilogia basata su di un’estrema violenza e sulla vendetta e’ ancora grande. La silenziosa e cruda storia di Sympathy for Mr.Vengeance, l’incredibile e impareggiabile intensita’ di Oldboy, la perversa parabola di Lady Vengeance, sono precedenti che aggiungono pressione ad ogni film successivo. In Stoker Park Chan-wook gioca con lo spettatore e cerca di sorprenderlo ad ogni occasione, grazie a una notevole interpretazione di Mia Wasikowska, pacata e lunatica, ma incisiva quando necessario, come anche di Matthew Goode, sempre ambiguo e intrigante come richiede il personaggio. Leggermente sotto le aspettative Nicole Kidman, in un ruolo che non le si addice piu’ di tanto, e con gli anni che iniziano a farsi vedere nonostante i tentativi di ringiovanimento. Quello che delude maggiormente, quindi, e’ la struttura narrativa che sembra avere qualche pezzo mancante (la domestica?) e i colpi di scena che non paiono colpire come dovrebbero.
Con completa liberta’ d’azione Park Chan-Wook sarebbe (ed è stato) in grado di esprimersi ad altissimi livelli, e potrebbe portare a Hollywood la sua visione senza filtri o compromessi, ma forse questo equilibrio instabile tra dire/non dire e  mostrare/nascondere su cui gioca Stoker è frutto di un suo piano strategico ben studiato. In questo caso allora, dovrebbe rivedere la sua tattica e sfoderare l’enorme talento senza riserve e senza sottostare per forza alle regole di una produzione forzata.

VOTO: 6.5

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