ARCHIVIO 2009 – 2011 (chissá se lo aggiorneró mai…)

A causa dell’improvvisa chiusura della piattaforma che precedentemente ospitava il mio blog, ho deciso di pubblicare regolarmente tutte le vecchie recensioni in questa nuova pagina.
Enjoy!

GHOSTS OF GIRLFRIENDS PAST (La Rivolta delle Ex) di Mark Water
Ottobre 2009

Che rapporto bisogna mantenere con le ex ragazze? C’è chi le perde di vista, chi le perseguita, chi ci pensa ma non le considera più, chi ci scambia solo gli auguri di compleanno e natale, chi le sposa, chi ci mantiene una sorta di amicizia, e chi, come Connor Mead, le dimentica come niente fosse. Ennesima riproposizione dickensiana della storia di Mr.Scrooge, questa volta con un incallito playboy che diventa casa e matrimonio stile Family Man. Già il titolo è la solita trasposizione sciatta di un titolo inglese con un po’ più di senso, ma non è il peggio. Se questo film fosse stato un cortometraggio sarebbe stato incisivo e sfrontato, ma dopo esattamente 18 minuti si trasforma nel solito cliché scontato, mieloso e superprevedibile. Matthew McConaughey (Connor Mead), un ricco e osannato fotografo, utilizza le donne come fazzoletti usa e getta, finchè il fantasma dello zio – un irriverente Michael Douglas – gli fa incontrare 3 fantasmi che faranno rivedere al malcapitato tutto il suo passato amoroso e tutte le donne che ha ferito. Da questa avventura il nostro capirà che ha sempre avuto paura di amare e che non riusciva a concedersi totalmente a nessuna perché bla bla bla… Solita solfa insopportabile per il solito pubblico ansioso di un noioso lieto fine – o di vedere le cose andare in senso contrario almeno per una volta – perchè è impossibile che un uomo rimanga single, è qualcosa di non contemplato dalle sacre scritture della vita e del cinema, è obbligatorio trovare la donna/uomo della vita e sposarsi e vivere per sempre etc etc. Solite riflessioni da cioccolatino, quindi, su amore, donne e matrimonio, per non permettere alle persone di pensare che possa esistere qualcosa di diverso nella vita. “Il matrimonio è un’istituzione oppressiva e arcaica che andava già abolita da qualche secolo, e l’amore? L’amore è il magico cibo consolatorio per gli inetti e gli ignoranti…può riempirti di calore, ti dà importanza, ma alla fine ti ritrovi sempre debole, dipendente e grasso!” Era incredibile che un film iniziasse in questo tono, infatti finisce con “Devi correre il rischio dell’amore, io non l’ho fatto e sono un fantasma d’uomo, solo e con il vuoto nell’anima”. Diciotto minuti per capire tutto il film, una vita per non capire tutto il resto.
VOTO: 4

FUNNY PEOPLE di Judd Apatow
Ottobre 2009

Cosa succede se scopri di essere malato terminale e ti accorgi di aver avuto un vita superficiale e vuota? Cerchi di cambiare e rimediare ai tuoi errori oppure continui per la tua strada senza rinnegare quello che hai scelto e vissuto? E’ la situazione che vive George Simmons (Adam Sandler), famosissimo comico americano, ma tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo l’imprevisto, così non tutto riesce secondo i piani. Judd Apatow scrive e dirige una commedia dolce-amara che vorrebbe far riflettere sulle relazioni umane, sull’amicizia e sull’amore, ma che, sfortunatamente, dopo poco più di un’ora ben riuscita, si incarta e perde verve e dinamicità. La vita di George e quella di Ira (Seth Rogen), giovane comico che vive in un appartamento condiviso, si intrecciano e scorrono parallelamente finchè la sceneggiatura di Apatow mostra idee fresche e originali. Quando si ha la sensazione di essere a un incrocio senza sapere dove andare, quando le battute si riducono a “per caso conosci coppie sposate felici?” oppure ci sono frasi storiche del tipo “vivete la vita perché il tempo passa velocemente”, allora si percepisce un blocco creativo che trascina il film verso la fine. Il cast, comunque, è perfetto e ben assortito, a partire da un Adam Sandler sempre più a suo agio in parti tragicomiche, un Seth Rogen ormai onnipresente in tutte le taglie nei film di Apatow, fino a Jonah Hill e Jason Schwartzman ironici e singolari compagni d’appartamento di Ira. Senza dimenticarsi di un sorprendente Eric Bana nei panni del marito australiano dell’ex ragazza di George. Numerose poi le presenze di personaggi famosi nei panni di loro stessi, da James Taylor a Eminem, da Ray Romano, Sarah Silverman e Norm McDonald a Paul Reiser, come anche tantissime le battute, le citazioni e le prese in giro tipicamente statunitensi, probabilmente troppo lontane dal nostro pubblico e appiattite dal doppiaggio. Nonostante i punti deboli, Funny People è un film piacevole e dà la sensazione che Judd Apatow sia sulla buona strada per realizzare commedie anche migliori.

VOTO: 6.5

ORPHAN di Jaume-Collet Serra
Ottobre 2009

Dal trailer sembra il solito film thriller-horror poco originale, invece… è il solito film thriller-horror poco originale. Una coppia, nonostante abbia già due figli, decide di adottarne un terzo a causa di un trauma non superato da parte della madre. La nuova arrivata, Esther, sembra brillante, sveglia e matura, ma ovviamente non è tutto oro quel che luccica. Sulla falsa riga de L’ Innocenza del Diavolo (The Good Son, 1993), il regista catalano costruisce un film che vuole terrorizzare e tenere in ansia grazie ai soliti trucchi: la musica che spaventa anche quando non succede niente, colpi di scena telefonati e, questo è positivo, una protagonista dodicenne ben diretta che effettivamente a volte inquieta. La progressione della trama è piuttosto scontata fino al twist finale, ma nonostante la sorpresa, ormai è troppo tardi per risollevare le sorti del film. Ne L’Innocenza del Diavolo il finale era drammatico ed emotivamente pesante, qui manca sia la drammaticità, sia la carica emotiva. Tutto va secondo copione, solamente con un po’ più di violenza, ma oggi non è più quello che scandalizza.

VOTO: 5.5

HALLOWEEN 2 di Rob Zombie
Ottobre 2009

Era difficile riprendere in mano una serie come Halloween, ma Rob Zombie aveva già dimostrato di saper gestire bene il genere horror con La Casa dei Mille Corpi e con il seguito, forse migliore del primo, La Casa del Diavolo. Il primo capitolo, Halloween: The Beginning gli è servito per prendere dimestichezza con i personaggi e la storia, e si è notato che non si è lasciato completamente andare. Nel secondo, invece, la sua mano si vede eccome. La trama, purtroppo, è irrilevante, ma ciò che ormai deve attirare in questo genere di film è la realizzazione, e Rob Zombie ha dimostrato di essere veramente all’altezza di grandi registi horror presentando uno stile personale, originale e oramai inconfondibile. Laurie, la sorella di Michael Myers è l’unica sopravvissuta del primo film, perciò il nostro, che tutti considerano morto senza aver visto, ovviamente, il cadavere, ritorna in caccia seminando terrore ovunque. A questo si aggiunge la presenza del Dr. Loomis che con il suo libro su Michael riapre ferite mai chiuse nei cittadini la cui vita è stata sconvolta dall’assassino, e tra questi anche la sorella di Myers. Al di là della trama, il film è inquietante e angosciante come non ci si aspetta più dagli assassini seriali anni 70/80. Zombie aggiunge efficaci elementi onirici e surreali alla trama, toglie del tutto (o quasi) le scene con luce del giorno – il 90% del film è al buio o illuminato da fioche luci da interni o neon artificiali – rendendo l’atmosfera ancora più cupa e raggelante. Inserisce disturbanti sequenze in stile videoclip con un montaggio frenetico e una musica sempre presente, ma mai invadente. Michael Myers è violentissimo e ciò che più inquieta è la normalità con cui il regista ci presenta le varie uccisioni. A chi accusa Rob Zombie di stravolgere troppo la linea originale – ha tolto la colonna sonora presente in tutti i capitoli e ha banalizzato la trama – consiglio di vedere il film con la testa al presente, perchè è scontato il valore delle opere precedenti, ma non è scontata una realizzazione innovativa e stilisticamente personale. Michael è tra noi e non basta una pallottola per abbatterlo.   

VOTO: 7

FAST & FURIOUS (Solo Parti Originali) di Justin Lin
Ottobre 2009

Quando uscì al cinema resistetti alla tentazione – grazie anche al solito orribile titolo italiano – ma passati alcuni mesi ho ceduto e mi sono pentito di non averlo visto sul grande schermo. Pentito a metà, ad essere sincero, perché in fondo le ragioni del quarto capitolo della saga F&F sono palesemente commerciali ed economiche. Nessuno degli attori ha avuto grandissime soddisfazioni in altri film e generi per cui hanno puntato tutti sul cavallo vincente. “Sono cambiate tante cose”, dice Brian O’Conner poco prima di sfidare Dom Toretto, ma in realtà non è cambiato tantissimo. Ritornano tutti i protagonisti del primo capitolo e sorprendentemente il film è all’altezza delle aspettative. Si apre subito con scene su strada mozzafiato e il ritmo adrenalinico raramente si abbassa, grazie a una sceneggiatura che regge e a un regista già collaudato nel terzo episodio. Le strade di Dom – un Vin Diesel in gran forma, ma dalle battute essenziali – e Brian – un Paul Walker stazionario in espressioni e recitazione – tornano a intrecciarsi a causa di una serie di eventi per i quali ognuno ha bisogno dell’altro, e si ritrovano così invischiati in giri di droga e omicidi dai quali sarà dura uscirne. Le facce note, una trama plausibile – ma non esageratamente originale – frenetici inseguimenti in auto – degni di nota quelli all’interno dei tunnel tra Stati Uniti e Messico – e un montaggio rapido e veloce, rendono questo quarto capitolo piuttosto avvincente e convincente. Ovviamente non mancano luoghi comuni, “americanate” ed esagerazioni, ma in fondo è quello che ci si aspetta. Per chi, come Dom Toretto, “vive la vita un quarto di miglio alla volta…e apprezza la bella carrozzeria indipendentemente dalla marca”.

VOTO: 7

S.VALENTINO DI SANGUE (My Bloody Valentine) di Patrick Lussier
Ottobre 2009

Ecco l’ennesimo (inutile) remake di un film slasher anni 80 e probabilmente il più brutto film horror degli ultimi tempi. La trama è talmente trita e ritrita che non vale la pena raccontarla neanche brevemente, e come se non bastasse è stato realizzato in maniera discutibile. Dai colori delle immagini sembra di vedere un telefilm tedesco stile Derrick, i colpi di scena sono telefonati e non ci si spaventa mai – grazie anche alla recitazione monocorde e monoespressiva dei vari attori – e la sceneggiatura ha alcune lacune su cui non bisogna farsi domande. Le sequenze che dovrebbero incidere di più non hanno assolutamente l’effetto voluto, ad esempio gli inseguimenti nei tunnel della miniera non trasmettono per niente senso di claustrofobia o ansia. Uniche note positive: l’intro e la prima scena piacevolmente originali (ma non troppo) che fanno presagire a un film quasi decente; il finale che, diamogliene atto, fino allo scioglimento fa rimanere un tantino sulle spine (ma non esageratamente) per capire chi è l’assassino. Esiste una versione in 3D sicuramente più affascinante, ma come accade ormai sempre più spesso, il 3D non rende più interessante la storia, ma solo più spettacolari alcune scene girate ad hoc, come il piccone che ti vola incontro, o un tronco che entra in macchina e sembra che ti infilzi. Grazie a questi remake guadagnano valore gli originali, ancora oggi più innovativi, originali ed efficaci.

VOTO: 5

DISTRICT 9 – Neill Blomkamp
Ottobre 2009

Supervisionato e presentato da Peter Jackson come l’ultima originale trovata del cinema di fantascienza, District 9 non delude del tutto le attese. Negli anni 80 una nave spaziale extraterrestre si ferma sopra la città di Johannesburg, Sudafrica, e lì rimane per 20 anni, costringendo gli umani a creare un’area dove ghettizzare gli alieni scesi sulla terra, il Distretto 9 del titolo. I problemi scoppieranno quando la convivenza diventerà insostenibile. I primi venti minuti, girati in maniera giornalistica – con camera in spalla e il protagonista sempre rivolto agli spettatori – fanno presagire all’ennesima commediola fantascientifica in cui ironia e cinismo la fanno da padroni: gli alieni sono goffi e ridicoli, di aspetto antropomorfo, ma simili a “gamberoni” e sono facili bersagli (in senso metaforico e letterale) dell’ignoranza degli umani. La svolta, però, non tarda ad arrivare. Il film cambia registro e si trasforma in un’interessante caccia all’uomo, cercando di puntare l’attenzione su temi come la diversità, la chiusura mentale nei confronti di ciò che non si conosce, e la ricerca di giustizia. Sono presenti alcuni passaggi horror, come anche citazioni – o ispirazioni – da altri film, vedi Aliens, Indipendence Day, La Mosca o Cloverfield. Quello che manca è una totale empatia con lo spettatore, ci si sente sempre un po’ al di fuori della storia, e anche il finale non coinvolge completamente, come invece fanno meglio altre parti del film. La convivenza tra umani e alieni è appena cominciata.
VOTO:6.5


INGLOURIOUS BASTERDS – Quentin Tarantino
OTTOBRE 2009

Tarantino è il cinema e il cinema è Tarantino. Dopo la mezza delusione dell’esperimento Grindhouse, l’amico Quentin torna alla grande, si getta nel genere di guerra, lo smembra e rinnova il suo inconfondibile stile.
Nella Francia occupata della Seconda Guerra Mondiale si intrecciano tre storie, nel più puro cliché tarantiniano, ma il “già visto” finisce qui perché fin dall’inizio si mescolano in maniera matura ed esperta diversi generi – dallo spaghetti western Leone-Style al noir, dall’horror al thriller – con alcuni tocchi ironici e autoironici. Nelle quasi tre ore di lunghezza, il ritmo è sempre ben dosato e la tensione non cala mai, anzi, è proprio nelle scene più lente e ragionate che non si riesce a togliere gli occhi dallo schermo – vedi la lunga sequenza iniziale e il rendez vous alla taverna. Non mancano i continui riferimenti, più o meno espliciti, alla storia del cinema così come non mancano le impennate splatter, i tocchi grotteschi e i giochi di linguaggio (sicuramente più godibili in lingua originale).
Da sottolineare l’efficace interpretazione di Christopher Waltz nei panni dell’ufficiale nazista più subdolo e squilibrato dai tempi di Ralph Fiennes in Schindler’s List, ma più raffinato, tale da mettere in ombra un
mascelluto Brad Pitt sicuramente appiattito dal doppiaggio. In un crescendo finale di fuoco e fiamme, Tarantino sguazza nella sfrenatezza più assoluta, tra invenzioni storiche e visionarie scene di distruzione con sempre sullo sfondo il suo amore più grande: il cinema.
Che sia il suo capolavoro?

VOTO: 8

 


 


 

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