FORKS OVER KNIVES & FOOD MATTERS & EARTHLINGS

Forks Over Knives di Lee Fulkerson
Food Matters di James ColquhounCarlo Ledesma
Earthlings di Shaun Monson

Forks Over KnivesAvvicinandosi alle feste e’ quasi proibito parlare di diete e di mangiare “bene”.
Ma giusto per non dimenticarci che noi tutti siamo quello che mangiamo, vorrei proporre tre documentari che fanno aprire gli occhi e riflettere sugli usi e costumi culinari&dietetici del mondo occidentale e non.
Forks Over Knives e Food Matters sono due sconosciuti e mal (se non mai) distribuiti documentari sui benefici di una dieta a base di cibi non processati dall’uomo, frutta, verdura e legumi, mentre Earthlings (unico visionabile gratuitamente qui) si concentra in maniera terrificante su come vengono trattati gli animali per i vari scopi utili all’uomo ex. carne, vestiti, circo, esperimenti etc.
Food MattersBla bla bla, penserete tutti. Sono tutte cose che sappiamo. Fa bene mangiare frutta e verdura, non bisogna abusare di latticini e carne, meglio consumare prodotti biologici e naturali, un po’ di esercizio non guasta etc etc. Ma il punto e’ che la motivazione per cambiare abitudini alimentari non dovrebbe essere legata esclusivamente all’etica, alla filosofia o credenze religiose.
earthlings_filmCerto, Earthlings, grazie a immagini catturate di nascosto, una colonna sonora ipnotica di Moby, e la narrazione monotono di Joaquin Phoenix, ci fa vedere chiaramente abusi e violenze su ogni tipo di animale che non fanno rimanere impassibili, anzi, a tratti e’ difficile guardare immagini che sarebbero proprie di un film horror di cattivissimo gusto. Ma nonostante l’orrore, la molla e la ragione principale per cambiare la nostra dieta dovrebbe essere fondamentalmente la Salute. Punto.
E non solo mangiare frutta, verdura e legumi ci renderebbe meno vulnerabili a malattie e semplici influenze, ma seguendo addirittura diete specifiche si potrebbe persino curare ed eliminare tumori e altre  patologie. Come descrivono in maniera limpida e documentata i primi due documentari, queste teorie sarebbero state sviluppate nel corso di questi ultimi decenni da medici e ricercatori, ma ovviamente la divulgazione al grande pubblico e’ sempre stata ostacolata da altri interessi. Gli interessi delle case farmaceutiche, gli interessi dei grandi produttori di carne, gli interessi di chiunque lavori e guadagni alle spalle degli animali e dei malanni piu’ tipici per cui si muore oggigiorno, tumori e malattie cardio-vascolari.
Da carnivoro quale sono, non mi permetto certo di giudicare e pontificare, e rimango (personalmente) dell’idea che in linea generale basti non esagerare con junk food et similia, ma se lo scopo di questi documentari e’ far rifletterere con argomenti validi e documentati, allora il bersaglio e’ stato centrato. Non si diventa vegani in un giorno, e non si cambiano abitudini dalla mattina alla sera, ma non costa niente dedicare un pensiero al nostro benessere di tanto in tanto.

Per maggiori info:
http://www.foodmatters.tv/
http://www.forksoverknives.com/
http://earthlings.com/

TROUBLE WITH THE CURVE

(Di Nuovo in Gioco)
di Robert Lorenz
con Clint EastwoodAmy Adams e John Goodman

TroubleWiththeCurve

Clint Eastwood e’ Clint Eastwood.
Nessuna discutibile performance pro-repubblicana potra’ intaccare il mito di un uomo che ha segnato in maniera indelebile la storia del cinema come attore e come regista. Gran Torino doveva essere la sua ultima apparizione sul grande schermo, ma grazie al suo amico e compare di tante avventure Robert Lorenz, al quale probabilmente (sicuramente) Clint ha fatto un favore partecipando a un film che non avrebbe avuto neanche lontanamente lo stesso impatto senza l’arcigno 82enne, e’ tornato con il suo muso duro e glaciale a graffiare lo schermo.

Gus e’ un talent scout di campioni di baseball, ma problemi di salute e di eta’ lo stanno lentamente consumando. Per mantenere la sua credibilita’ e il suo lavoro dovra’ dimostrare di essere ancora il brillante e affidabile esperto dei bei tempi, ma per farlo avra’ bisogno dell’aiuto di sua figlia e di uscire dalla sua impenetrabile armatura.

Diciamolo chiaramente. Senza Clint questo film non avrebbe motivo di esistere.
Robert Lorenz dirige e da’ il tempo come se fosse l’anziano leone a dargli le dritte giuste, rendendo cosi l’atmosfera e la maniera di raccontare tipiche di un film di Eastwood, ma molto piu’ alleggerite da quel tocco di ruvidezza e intensita’ marchio dei suoi lavori. Se poi al posto del nostro protagonista ci fosse stato un attore qualunque, ecco che Trouble with the Curve avrebbe assunto tutt’altra ragion d’essere.
TroubleWiththeCurve2Clint recita con la faccia di sempre e i grugniti di sempre, dando vita a un personaggio insofferente alla vita, alla vecchiaia, agli amici e alla figlia. Nei suoi occhi, nelle sue rughe e nelle sue smorfie c’e’ tutta la vita dell’attore e del personaggio, ma quando si lascia andare a un sorriso (un’occasione in tutto il film) ti scalda il cuore come pochi.
Peccato che la storia di Trouble with the Curve non sia cosi accattivante e intrigante come Clint meriterebbe. Tutto va come deve andare e il colpi di scena sono prevedibili e telefonati, come anche i vari personaggi di contorno – simpatico il suo ‘amico’ di colore fissato con Sammy Davis Jr e Ice Cube. Dopo un quarto d’ora dall’inizio entra in scena Justin Timberlake e improvvisamente mi ricordo che anche lui fa parte di questo film, ma poco male, il bel Justin fa il suo dovere di belloccio, simpatico e irresistibile, sempre con la battuta giusta al momento giusto, mentre Amy Adams non si sforza piu’ di tanto in un ruolo che non richiede eccessive doti.
Tutto e’ sulle rocciose spalle di Clint, autoironico ed essenziale come sempre, e sui pochi spunti e dettagli interessanti della trama – il piu’ degno di nota e’ forse il significato del titolo originale che risulta essere un elemento centrale nella trama. Pur essendo una storia basata sul baseball (se ne parla abbastanza e se ne vede il giusto), il centro di tutto e’ pero’ il rapporto padre-figlia e le difficolta’ che ci possono essere in una relazione complicata: un padre che dopo la morte della moglie si chiude in se’ e nel baseball abbandonando una figlia piccola per timori mai affrontati, e una figlia che crescendo senza un padre si e’ chiusa a sua volta in una vita e un lavoro che non la soddisfano se non superficialmente. La chiave di tutto e’ comunicare e non aver paura di esporsi troppo, anche con i genitori, anche con persone che a loro volta non si sono mai esposte perche’ le regole, i fatti della vita o l’educazione ricevuta non hanno mai permesso loro di sciogliersi. Ma prima o poi ci si scontra e i nodi vengono al pettine.
Si cresce, si cambia e si fanno scelte autonome e indipendenti, ma i genitori sono nati prima, e quello che siamo e’ grazie (o a causa) loro, nolens volens. E quindi, perche’ rovinarsi la salute e invecchiare prima del dovuto? Parlando si risolvono molti contrasti, e non servono fiumi di parole. A Clint basta un’occhiata.

VOTO: 6.5

THE COLLECTOR (2009)

di Marcus Dunstan
con Josh StewartAndrea Roth e Juan Fernández

the-collector

Lo sceneggiatore di Saw IV, V, VI e VII Mark Dunstan (e ho gia’ detto tutto) passa dietro la macchina da presa per realizzare il suo primo lungometraggio. Coadiuvato dal compare di Sawizie & torture Patrick Melton per la stesura della storia, The Collector deve effettivamente molto alla fortunata saga di Jigsaw, ma riesce a suo modo a essere intrigante e terrificante.

Arkin e’ un ex delinquente che per pagare un debito e salvare l’ex moglie e figlia organizza un furto nella casa del suo datore di lavoro in cui ha appena svolto lavori di ristrutturazione.  Sembrerebbe semplice rubare dalla cassaforte e scappare mentre i proprietari non ci sono, ma Arkin non ha fatto i conti con uno psicopatico che sigilla la casa e la riempie di trappole. In una lotta contro il tempo il nostro dovra’ salvare se stesso e la sua famiglia, ma i colpi di scena (e le domande senza risposta) non mancheranno.

In attesa del sequel The Collection in uscita a breve, ho voluto rispolverare questo filmetto del 2009. I fan di Saw, ovviamente, saranno i piu’ felici e adatti a godere di questo tipo di film, ma non e’ tutto un plagio e un gia’ visto. Lo stile registico di Dunstan e’ piuttosto fuori dall’ordinario, con virtuosi movimenti di macchina e un montaggio frazionato che in alcune sequenze e’ veramente efficace. Anche i colori a volte saturati ed esageratamente pieni e fluo rendono ancora piu’ intense alcune immagini, ma quello che mantiene alta la tensione e’ appunto una regia furba che gioca con lo spettatore come il gatto col topo restringendo gli spazi e togliendo l’aria.
the-collector 2Grazie a straordinari effetti visivi super splatter e sanguinolenti che rendono alcune scene quasi inguardabili, e trappole semplici quanto ingegnose che alzano il livello di ansia, l’aspetto forse che non soddisfa tantissimo e’ la trama e il suo svolgimento. Le basi e le premesse ci sono tutte, ma poi? Probabilmente il film e’ stato concepito come primo capitolo di una serie, ma oltre a temere per la sorte di Arkin e dei malcapitati che passano per la casa infestata, non sappiamo questo collezionista mascherato cosa stia cercando e quale sia il suo scopo. A un certo punto uno dei personaggi biascica una sorta di spiegazione, ma dopo i titoli di coda tutto e’ ancora aperto.
Dopo aver guadagnato a sufficienza per permettersi di realizzare un sequel, scritto e diretto dagli stessi autori, The Collector sembra destinato a essere solo l’inizio di una saga. Saw e’ stato un mirabile esempio di arrovellamento e sceneggiature a incastro, e insieme alle trappole/i congegni/i litri di sangue ha segnato senz’altro un’epoca. La ripetitivita’ e’ stato probabilmente il suo difetto maggiore e (volutamente) marcato, ma The Collector non deve cadere nella stessa….trappola.
E non spegnete tutto prima della fine dei titoli di coda…

VOTO: 6.5

EXAM (2009)

di Stuart Hazeldine
con Adar BeckGemma Chan e Nathalie Cox

exam

Tutti i giorni affrontiamo test, sfide, decisioni e problemi.
Tutti i giorni e’ una battaglia contro la vita e contro chi la vita la rende dura e difficile.
Ma che cos’e’ che ci mantiene vivi? La fiducia in noi stessi e in quello per cui si combatte quotidianamente, la volonta’ di seguire i nostri istinti di una vita migliore o diversa. Trovare stimoli e motivazione e’ forse la sfida piu’ difficile, ma se ci abbandoniamo allora e’ finita.

Come e’ finita per gli otto candidati del film Exam se non credono sufficientemente in loro stessi o se si lasciano travolgere da rabbia, superbia o avidita’. Chiusi in una stanza per 80 minuti dovranno affrontare l’ultima selezione per avere un posto di lavoro, ma il test riservera’ sorprese e svolte inaspettate.

Questo piccolo e unico film dell’inglese Stuart Hazeldine del 2009 e’ un ritratto interessante e ben costruito di relazioni e reazioni umane. Grazie a una sceneggiatura intricata, ma che viene dipanata piano piano, Exam cattura l’attenzione fin dal criptico inizio, e la mantiene fino al caotico finale in cui tutte le domande avranno una risposta (piu’ o meno). Lasciate perdere tutte le inutili discussioni sui forum di imdb riguardo il perche’ e il percome dei vari dettagli della trama, e gli infiniti dibattiti tra chi pensa di aver capito e chi sostiene l’opposto. Quello che viene spiegato alla fine sono semplicemente fatti, ma il vero spessore lo danno le metafore e i simboli che gli otto personaggi e le loro azioni rappresentano. Ambientato tutto in una stanza e sorretto solo da dialoghi e colpi di scena, Exam prende spunto da altri film simili, vedi The Cube, La Habitación de Fermat (Fermat’s Room) o The Experiment, ma grazie a dettagli ben elaborati, interpretazioni notevoli, e un tocco di contestestualita’ fantascientifica, il film di Hazeldine e’ sicuramente una piacevole e originale sorpresa.
Quando buoni attori, un regista capace e una sceneggiatura intrigante possono anche bastare.

VOTO: 7

RUBY SPARKS

di Jonathan DaytonValerie Faris
con Paul DanoZoe Kazan e Annette Bening

RUBY SPARKS

Prendete Stranger Than Fiction (Vero come la finzione), mischiatelo a 500 Days of Summer (500 Giorni insieme), aggiungete un tocco di Eternal Sunshine of the Spotless Mind (Se mi lasci ti cancello), e una spruzzata di Little Miss Sunshine. Il risultato e’ Ruby Sparks. Tutto questo non per negare all’ultimo lavoro di Jonathan Dayton e Valerie Faris (autori di Little Miss Sunshine) originalita’ e freschezza, quanto piuttosto per collocare Ruby Sparks al centro di un gruppo di film estremamente innovativi, surreali e che non scivolano via senza lasciare traccia.

Calvin e’ un giovane scrittore che dopo un popolarissimo debutto rimane vittima del piu’ classico dei blocchi, ma le cose prendono una svolta imprevista dopo che una sua creazione prende vita. Ruby cambiera’ in maniera drastica la sua vita e non solo.

Paul Dano e Zoe Kazan (sí, parente di) sono ormai dei veterani del grande e piccolo schermo, e soprattutto delle commedie romantiche indie e intime, ma quello che fa la differenza in Ruby Sparks e’ la maniera in cui i due giovani attori, coppia fissa anche nella realta’, sprigionano una sintonia incredibile e una completa padronanza dei loro mezzi. Probabilmente anche grazie all’esperienza dei due registi – e all’interessante sceneggiatura della stessa Kazan – l’intensita’ di questa surreale storia d’amore non scade mai nel demenziale o nel patetico, ma rimane bene in equilibrio tra commedia ironica, commedia romantica e ritratto esistenzialista. Con tocchi quasi di fantascienza che rimandano ai due nerd di Weird Science (La Donna Esplosiva), Ruby Sparks esamina i vari aspetti di una relazione, dalla ricerca, la creazione e le aspettative, fino all’evoluzione in qualcosa di piu’ di un semplice invaghimento.
Al personaggio vagamente depresso ed inerte, ma a modo suo intrigante, di Calvin fa da contraltare l’incontenibile Ruby, che insieme al fratello e ai genitori di lui (Annette Benning e Antonio Banderas, straordinari, ma utilizzati forse troppo poco) compone il gruppo che riuscira’ a scardinare i paletti della sua vita.
Ruby Sparks 2Chi crede ancora nell’amore a prima vista? Chi crede che ci si possa sposare dopo essersi incontrati casualmente in un supermercato? Chi crede che esista solo una e una persona che veramente ci rende completi?
Cosa si prova e cosa si sente lo si scopre solo  lasciandosi andare a sensazioni e sentimenti che non si immaginava neanche potessero esistere, e se dev’essere sara’.  Non si puo’ creare il partner perfetto, e farle fare cio’ che si crede, come non si puo’ cancellare una persona dalla mente. Quello che si puo’ fare e’ fidarsi dell’istinto e di quello che ‘in fondo si é sempre saputo’.
Sempre in bilico tra lo scegliere liberamente ed essere il delfino di qualcuno.
Oops, destino.

VOTO: 7