THIS IS THE END

di Evan Goldberg, Seth Rogen
con James Franco, Jonah Hill, Seth Rogen

this-is-the-endUn divertissment di un gruppo di amici con conoscenze molto cool che parte come commedia autoironica, diventa poi un surreale viaggio fantascientifico, e finisce con la leggerezza e l’abbandono con cui è giusto che termini.

Jay Baruchel visita l’amico Seth Rogen a Los Angeles, e invece di passare il tempo solamente a fumare, mangiare e giocare ai videogame, i due decidono di fare un salto a casa di James Franco e partecipare al party che sta avendo luogo a casa sua. Tra camei di personaggi celebri e situazioni imbarazzanti, inizia l’Apocalisse e i nostri due protagonisti rimangono bloccati in casa con James Franco, Jonah Hill, Danny McBride e Craig Robinson. Riusciranno a uscirne vivi o perlomeno a non morire?

Fosse stata l’idea di un gruppo di amici sconosciuti This Is The End non sarebbe stato così cool e non avrebbe avuto un budget tale da realizzare tutti gli effetti necessari allo svolgimento della trama. Ma in questo caso il gruppetto di amici comprende alcuni degli attori più influenti e trendy del momento, così che il film diventa godibile e la grottesca trivialità di alcune parti viene giustificata dalla palese volontà di realizzare un fillm surreale, allegorico e a tratti demenziale. Niente di memorabile, ma lo strano ensemble funziona più di quello che ci si possa immaginare, e nonostante le battute volgari, l’imprevedibile trasformazione di Jonah Hill e l’irritante Danny McBride, This Is The End riempie bene il vuoto di una serata qualunque.

VOTO: 6

GRAVITY

di Alfonso Cuaròn

gravityJames Cameron l’ha definito il miglior film ambientato nello spazio che sia mai stato realizzato, ed è proprio grazie alla tecnologia sviluppata da Cameron per Avatar che Alfonso Cuaròn ha potuto creare quello che aveva in mente e in cantiere già da diversi anni. GRAVITY però non è solamente una mostra di straordinari effetti visivi senza contenuti, anzi, la sceneggiatura composta di pochi, ma efficaci, dialoghi lascia il campo a una splendida interpretazione da parte di Sandra Bullock e di un George Clooney che fa un po’ se stesso, ma lo fa bene.

Dopo essere stati investiti da uno sciame di detriti spaziali, Ryan Stone e Matt Kovalski sono alla deriva e devono trovare il modo di ritornare sulla terra. In un mare infinito di silenzio e di assenza di gravità, i due avranno a disposizione pochissime risorse per tentare il tutto per tutto.

Come in un vorticoso balletto o, più metaforicamente, nelle situazioni della vita in cui ci si ritrova sballottati da eventi e cause che non sempre dipendono da noi stessi, i due astronauti sono in preda a leggi e a sensazioni non paragonabili a niente sul pianeta terra, tranne quando si tratta di confrontarsi con se stessi. La resa dei conti con ciò che eravamo e che siamo, la sfida dell’esistenza e le incognite del futuro, questo è quello che mantiene in vita anche nello spazio.
Mentre il personaggio interpretato da George Clooney non permette all’attore di sfoderare tutte le sue capacità, quello a cui dà vita Sandra Bullock è pieno di sfumature e sfaccettature che l’attrice coglie e rielabora in maniera straordinaria trasmettendo emozioni anche solo attraverso un respiro affannato, e questo senza contare il lavoro enorme di coreografie studiate per recitare in assenza di gravità.  Al di là di computer grafica, accuratezza scientifica, fotografia studiata nei minimi dettagli e metodi all’avanguardia per rendere tutto il più verosimile possibile, GRAVITY è comunque un film incentrato sulla storia e sui personaggi, contornati da una tensione costante che non allenta mai la presa, neanche al finale pieno di significati e domande.

Alfonso Cuaròn aveva già dimostrato talento narrativo e visivo (Y tu Mamà también, Harry Potter and the Prisoner of Azkaban, Children of Men), ma speriamo di non dover aspettare altri sette anni per il suo prossimo film.

VOTO: 8

MAN OF STEEL

di Zack Snyder
con Henry CavillAmy AdamsMichael Shannon

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Sono tempi duri per i film di supereroi, sempre piu’ numerosi e sempre piu’ spettacolari, e grazie alla genialita’ di Zack Snyder, Man of Steel alza ulteriormente il livello di qualita’ e magnificenza visiva.
Tutti sanno la storia di Superman, tutti sanno che poteri possiede, da dove viene e quale sia il suo punto debole. Ed e’ per questo che Zack Snyder, coadiuvato da Christopher Nolan alla produzione e David Goyer alla sceneggiatura, decide di virare totalmente dallo sfarzo di colori e divertimento che e’ stato Avengers, ad esempio, e dagli stereotipi tipici gia’ visti milioni di volte. Per cui niente kriptonite, niente mutanda rossa, niente Lex Luthor (solo una veloce apparizione di un camion con la scritta Luthorcorp), niente spalla comica, niente battute ironiche e niente miele stile Smallville. Ma soprattutto Zack Snyder vuole dare a Superman un’anima umana e in Man of Steel Clark Kent e’ un uomo alla continua ricerca di se stesso, si pone costantemente domande sul perche’ della sua esistenza (chi non lo fa d’altronde) e combatte quotidiamente contro i suoi istinti. Un’intelligente alternanza di immagini del presente e flashback permette di assistere alla difficile evoluzione di Clark Kent sulla terra, prima bambino e ragazzino che fatica a trattenersi dallo sfoderare i suoi poteri, poi uomo in grado di controllarli perfettamente, ma ancora perso alla ricerca di una ragione di vita.
I colori tra il grigio e il nero dietro una patina desaturata rendono tutto e tutti inquietanti e dark, Superman incluso, e le uniche note di colore vengono dai ricordi di Clark Kent bambino e da alcune sequenze surreali condite con dettagli evidenziati da delicati movimenti di macchina e una fotografia raffinata. Zack Snyder dimostra ancora una volta un grande talento visivo e una notevole capacita’ a mescolare sequenze descrittive d’esposizione con incredibili e iperreali scene d’azione e di distruzione. E non manca neanche la sensibilita’ propria di chi sa stupire con semplicita’ ed e’ cosi che una semplice inquadratura di Superman e Lois Lane nel deserto diventa una bellissima immagine alla Wim Wenders, mentre i flashback ricchi di primi piani, dettagli e voice-over ricordano la delicatezza di Terrence Malick.
Detto questo, pero’, Man Of Steel e’ maestoso e spettacolare dall’inizio alla fine con sequenze da lasciare a bocca aperta, e nonostante il 3D sia ancora una volta piuttosto irrilevante, gli effetti speciali e visivi sono qualcosa di mai visto prima. Tutto sembra azzeccato, quindi, con Henry Cavill che pare nato per impersonare Superman, Russel Crowe a proprio agio e convincente nei panni del padre Jor-El, e Michael Shannon che non tenta di imitare Terence Stamp e che rende il suo Generale Zod minaccioso e originale. Anche Kevin Costner e Diane Lane aggiungono spessore e sensibilita’ nei panni dei genitori terrestri di Clark Kent, cosi come Amy Adams non fa rimpiangere Margot Kidder nelle vesti di Lois Lane, tratteggiandola in maniera decisa e risoluta.

Ci sara’ parecchio da ricostruire e da risistemare a Smallville e Metropolis dopo il passaggio di Superman e del Generale Zod con la sua armata, ma risentiremo presto parlare di Clark Kent.

VOTO: 7.5

SEEKING A FRIEND FOR THE END OF THE WORLD

(Cercasi Amore per la Fine del Mondo)
di Lorene Scafaria
con Steve Carell, Keira Knightley e Melanie Lynskey

seeking a friendCercasi Amore?? Friend e’ diventato Amore, e anche se ormai le stravaganti traduzioni in italiano non mi stupiscono piu’, non smettero’ di sottolineare il fastidio che mi provocano certi titoli.
Cercando di mischiare commedia e dramma cospargendo il tutto con ironia e sarcasmo. Lorene Scafaria mette forse un po’ troppa carne al fuoco e il risultato non e’ ben chiaro, ma l’idea fa riflettere e puo’ essere un buon argomento di discussione passata la mezzanotte.

Mancano tre settimane alla fine del mondo, tre settimane prima che un asteroide entri in collisione con la terra e distrugga la civilta’ terrestre, e Dodge si ritrova abbandonato dalla moglie, e nel disperato tentativo di ricontattare la vecchia fiamma del liceo. Lo accompagnera’ nell’avventura la sua vicina di casa Penny, stramba e singolare, ma in fondo umana e amorevole. Riusciranno i due a realizzare i loro ultimi desideri? E il mondo finira’ sul serio?

Steve Carell interpreta alla perfezione Dodge, un personaggio disilluso, semi indifferente agli eventi e che trova ogni reazione degli altri alla fine del mondo alquanto improbabile e priva di senso. Tranne quella della sua donna delle pulizie. Keira Knightley, invece, non sembra proprio avere la faccia e l’accento piu’ adatto per Penny, ma il suo peculiare modo di fare si amalgama bene con il carattere sommesso di Dodge.
Tra bizzarri incontri e improbabili avventure, Dodge e Penny cercano di trovare un significato in questi ultimi giorni sulla terra. Ed e’ proprio questo il punto centrale del film: cosa fareste se mancassero pochi giorni alla fine del mondo e della nostra esistenza? Come vi comportereste? Per assurdo ogni giorno bisognerebbe comportarsi come se fosse l’ultimo, ma dato che non si sa quando sara’ il giorno X, riempiamo la vita di cose che non hanno fondamentalmente alcun senso. Perche’ in fondo, niente ha senso. Ne’ i beni materiali, ne’ la religione, ne’ una vita passata diligentemente e onestamente possono riempire quel vuoto che ognuno di noi si tiene lí dentro, in fondo allo stomaco. Quel vuoto che non verra’ mai riempito. Per tutta la vita si cerca un significato alla propria esistenza, e molte persone credono anche di trovarlo in una religione, nei figli o in un lavoro, ma come sempre si trova quello che si cerca, e si vede quello che si vuole vedere.
Nel film c’e’ chi si butta nelle droghe o nel sesso, c’e’ chi uccide e distrugge, ma sono tutte reazioni istintive e fine a se stesse. Come cercano di suggerire i due protagonisti, un abbraccio e’ sufficiente per trovare conforto e ragion d’essere, e passare l’ultima notte del mondo avvinghiati sotto le coperte ad ascoltare vecchi dischi in vinile e’ probabilmente il massimo a cui si possa auspicare.
Okay, in realta’ il tono del film non e’ cosi nero e non e’ neanche esageratamente esistenziale; si ride (non tanto) e si gioca sull’ironia, e c’e’ anche qualche spunto di riflessione perche’ tutto non ci scivoli sempre addosso e non si creda che ci sia dovuto.
Non si e’ mai da soli quando si trova il proprio fiammifero.

VOTO: 6.5

DREDD

di Pete Travis
con Karl Urban, Olivia Thirlby e Lena Headey

dreddDevo ammetterlo.
Ero, e sono, un fan del Judge Dredd di Sylvester Stallone.
Okay, al contrario del Dredd sulla carta che per 35 anni non si e’ mai tolto l’elmetto, Stallone sceglie invece di toglierselo e con se’ tutto il significato e l’essenza del personaggio di John Wagner e Carlos Ezquerra; ma col senno di poi quella versione del 1995 e’ figlia di anni novanta esageratamente pacchiani che dovevano ostentare di tutto e di piu, e il film adempie bene al suo compito. Non c’era ancora la cultura (e la moda) di portare eroi dei fumetti sul grande schermo, e bisogna dare atto a Stallone e al regista Danny Cannon di averci regalato un Dredd meno fumettoso, ma sicuramente piu’ umano.

In questa rivisitazione, invece, si e’ optato per una strada diversa.
Karl Urban presta fisico e bocca a un personaggio piu’ vicino a terminator che a un uomo, non si toglie mai l’elmetto per non far rivoltare i fan, e l’atmosfera post-atomica e’ cupa e disillusa. Perfetto. Ma la storia? Purtroppo dopo l’uscita del spettacolare The Raid o di Tower Block, la trama di Dredd non risulta essere troppo originale e le sequenze d’azione non paiono estremamente innovative.

Una nuova droga chiamata slo-mo (il cui effetto rallenta del 99% la velocita’ percepita della realta’) sta invadendo la citta’, e chi gestisce il racket e’ Ma-Ma, Madeline Madrigal, capo incontrastato del palazzo Peach Tree, quartier generale della sua gang. A seguito di tre omicidi, Dredd e la sua nuova collega novellina si recano sul posto per indagare, ma rimarranno chiusi dentro il mega-palazzo e dovranno riuscire ad arrivare all’ultimo piano senza farsi eliminare dall’esercito di Ma-Ma.

L’escalation di violenza e’ graduale e costante, partendo dal pian terreno in su, ma come detto, la stessa dinamica e’ sviluppata meglio e con piu’ creativita’ nel geniale The Raid di Gareth Evans. Cio’ detto, Dredd rimane comunque un film piacevole e godibile. Gli effetti visivi conseguenti all’uso della droga slo-mo sono notevoli e di grande efficacia, cosi come le sequenze in cui sparatorie, esplosioni e violenza la fanno da padrone, su tutte il triplo mitragliamento a fuoco concentrato che constringera’ anche Dredd a ripararsi dietro a un angolo.
Karl Urban riduce la recitazione a poche essenziali frasi storiche, e solo con la bocca riesce perfettamente a comunicare lo stato d’animo represso, duro, imperturbabile di Dredd. Una vita da giudice, giuria e giustiziere l’ha prosciugato di ogni sentimento, ma ci pensera’ la sua improbabile collega e sensitiva Anderson a provare a scalfire la sua impenetrabile armatura.
In Italia non si sa quando uscira’, ma nel resto del mondo e’ gia’ disponibile in DVD.
Non sara’ un successo, ma diranno tutti che sara’ meglio della versione di Stallone.
La negoziazione e’ finita. La sentenza e’…morte.
Meglio aspettare i rinforzi.

VOTO: 6

EXAM (2009)

di Stuart Hazeldine
con Adar BeckGemma Chan e Nathalie Cox

exam

Tutti i giorni affrontiamo test, sfide, decisioni e problemi.
Tutti i giorni e’ una battaglia contro la vita e contro chi la vita la rende dura e difficile.
Ma che cos’e’ che ci mantiene vivi? La fiducia in noi stessi e in quello per cui si combatte quotidianamente, la volonta’ di seguire i nostri istinti di una vita migliore o diversa. Trovare stimoli e motivazione e’ forse la sfida piu’ difficile, ma se ci abbandoniamo allora e’ finita.

Come e’ finita per gli otto candidati del film Exam se non credono sufficientemente in loro stessi o se si lasciano travolgere da rabbia, superbia o avidita’. Chiusi in una stanza per 80 minuti dovranno affrontare l’ultima selezione per avere un posto di lavoro, ma il test riservera’ sorprese e svolte inaspettate.

Questo piccolo e unico film dell’inglese Stuart Hazeldine del 2009 e’ un ritratto interessante e ben costruito di relazioni e reazioni umane. Grazie a una sceneggiatura intricata, ma che viene dipanata piano piano, Exam cattura l’attenzione fin dal criptico inizio, e la mantiene fino al caotico finale in cui tutte le domande avranno una risposta (piu’ o meno). Lasciate perdere tutte le inutili discussioni sui forum di imdb riguardo il perche’ e il percome dei vari dettagli della trama, e gli infiniti dibattiti tra chi pensa di aver capito e chi sostiene l’opposto. Quello che viene spiegato alla fine sono semplicemente fatti, ma il vero spessore lo danno le metafore e i simboli che gli otto personaggi e le loro azioni rappresentano. Ambientato tutto in una stanza e sorretto solo da dialoghi e colpi di scena, Exam prende spunto da altri film simili, vedi The Cube, La Habitación de Fermat (Fermat’s Room) o The Experiment, ma grazie a dettagli ben elaborati, interpretazioni notevoli, e un tocco di contestestualita’ fantascientifica, il film di Hazeldine e’ sicuramente una piacevole e originale sorpresa.
Quando buoni attori, un regista capace e una sceneggiatura intrigante possono anche bastare.

VOTO: 7

TOTAL RECALL

di Len Wiseman con  Colin Farrell, Bokeem Woodbine eBryan Cranston

La prossima volta che a qualcuno verra’ in mente di realizzare un remake di un film di Arnold Schwarzenegger, probabilmente ci pensera’ due volte. Dopo i flop di un Terminator senza di lui, di Conan, di Predators e adesso di Total Recall, ci si e’ resi conto che e’ meglio stare alla larga dai classici di Schwarzy per un po’ di tempo. Almeno fino alla prossima brillante idea.

Questa volta il regista di Underworld Len Wiseman non tiene fede al suo cognome e si lascia coinvolgere in un progetto piu’ grande di lui. Nonostante la presenza della moglie Kate Beckinsale, insieme per la prima volta dopo la saga dei vampiri&licantropi, di un eccellente Bryan “Breaking Bad” Cranston e di un ispirato, ma sempre poco credibile, Colin Farrell, Total Recall non riesce a convincere e ad essere assolutamente paragonabile al film culto di Paul Veerhoven.
Non svelo dettagli della trama perche’ creerebbe solo confusione e toglierebbe quel minimo di interesse che il marketing pubblicitario cerca di amplificare, ma basti dire che le similarita’ con il film del 1990 iniziano e finiscono con l’iconico personaggio della prostituta con tre tette. Detto tutto. Peccato che adesso non ci si trovi su Marte e non ci siano cenni a mutazioni varie, ma tant’e’, l’omaggio era dovuto.
Niente trasferta su Marte, quindi, per Farrell e soci, ma solamente viaggi incomprensibili da un capo all’altro del mondo – dalla United Federation of Britain alla Colony (Australia) – tramite un mezzo di trasporto chiamato The Fall, una sorta di autobus che precipita a millemilamiglia all’ora e in 17 minuti si arriva a destinazione. Tra i pendolari si ritrova il nostro eroe, stanco di una vita di stenti e fatica e perseguitato da sogni e sensazioni che quella non sia la sua vera vita.
Come il suo predecessore, anche Total Recal 2012 gioca con gli spettatori tra cio’ che e’ realta’ e cio’ che viene percepito come tale, ma questa volta il tutto si svolge senza mai un attimo di pausa, tra inseguimenti, sparatorie e scazzottate. Non c’e’ mai un attimo per riflettere, e nonostante il capo dei ribelli Matthias predichi una maggior attenzione per il presente, il film non ci pensa minimamente a soffermarsi sui personaggi o a rendere gli spettatori partecipi dei tumulti interiori che il nostro protagonista vive. Adrenalina a mille e immagini straordinarie di un futuro lontano che non possono non ricordare Blade Runner, ma dopo aver speso una montagna di soldi per creare al computer il 90 per cento del film, e un’altra montagna per il cachet dei vari Farrell, Biel e Beckinsale, per il resto si sono dovuti arrangiare: ed e’ cosi che la metro di Londra non sembra assolutamente quella di Londra e le lacune della sceneggiatura fanno sorgere domande che non richiedono neanche una risposta (The Fall??).
Per i fan del film del 1990 sarà divertente scovare i riferimenti a quell’ormai leggendaria pellicola (un indizio, la donna al metal detector dell’aeroporto) e le differenze (trasmettitore nel naso vs telefono sottopelle nella mano), ma per chi non conosce il film originale, e neanche il racconto di P.K. Dick, Total Recall sarà solo un movimentato viaggio sulle montagne russe della precarietà esistenziale, ma con cinture di sicurezza allacciate molto bene.

VOTO: 5

PROMETHEUS

di Ridley Scott con Noomi Rapace, Logan Marshall-Green e Michael Fassbender

Da dove veniamo? Qual e’ l’origine dell’uomo? Esiste un creatore? Chi e’ il personaggio misterioso all’inizio del film? Perche’ Peter Weyland lo interpreta Guy Pearce assomigliando a Mr.Burns, mentre non potevano scegliere un attore piu’ anzianotto già in partenza?

Prometheus e’ il prequel delle tante domande e delle pochissime risposte. Tutta la concentrazione di Ridley Scott e’ andata nel realizzare immagini magnifiche e strabilianti di mondi lontani, mentre la sceneggiatura di John “The Darkest Hour” Spaith e David “Lost” Lindelof non e’ assolutamente all’altezza delle aspettative. Tutti i dettagli e le questioni rimaste in sospeso dopo i quattro capitoli di Alien sono ancora senza una spiegazione chiara e plausibile, e Prometheus non fa altro che solleticare ancora di piu’ la curiosita’. Certo non ci si aspettava una trama espositiva con risposte su un piatto d’argento, ma si poteva comunque osare di piu’ e soddisfare i fan senza far pensare che tutta questo sia solo l’inizio di un lungo franchising di sequel/prequel etc…

Ridley Scott non e’ secondo a nessuno nell’immaginare e creare nuovi mondi, e grazie all’inquietante fantasia di H.R.Giger, il risultato finale e’ paragonabile ad Avatar o alla delicatezza di Malick in The Tree of Life. Non mancano prototipi di face-hugger e persino un alien versione baby, cosi come sequenze permeate di un’atmosfera cupa e dark, un lanciafiamme, e ovviamente un’eroina che non ha nulla da invidiare alla ormai iconica Ripley. Le contraddizioni e le banalità della sceneggiatura – niente armi su un pianeta sconosciuto? Un po’ più di attenzione quando si tocca materia extraterrestre ignota? Scienziati meglio assortiti in una spedizione da 3 trilioni di dollari? – così come le questioni in sospeso, rimangono in secondo piano per tutta la durata del film. E mentre si rimane affascinati dalla magnificenza visiva di Prometheus, dal carisma di Noomi Rapace, dalla straordinaria presenza di Michael Fassbender nei panni di un androide fanatico di Lawrence d’Arabia, e dalla glaciale performance di una granitica Charlize Theron, ci si ritrova ai titoli di coda come fossimo solamente alla fine del primo tempo.
Chi siamo? Da dove veniamo? Dove stiamo andando?
La ricerca non è ancora finita.

VOTO: 7

IRON SKY

di Timo Vuorensola con Julia Dietze, Christopher Kirby e Götz Otto

Spesso le persone sono vittime della loro stessa stupidità.
Ed è per questo che film come Iron Sky causano polemiche, dibattiti e inutili prese di posizione. Ci fossero più opere coraggiose come questa del regista finlandese Timo Vuorensuola, probabilmente molte persone aprirebbero gli occhi davanti alla loro stessa ottusità e ristrettezza mentale, ma purtroppo non sempre prodotti di questo genere vengono realizzati o distribuiti.

Alla fine delle seconda guerra mondiale i nazisti sopravvissuti fuggono sulla luna e costruiscono sulla sua faccia nascosta la loro nuova base, in attesa del momento giusto per sferrare un nuovo attacco alla terra. Il momento giusto arriva nel 2018, quando il primo presidente donna degli Stati Uniti decide che per farsi rieleggere sarebbe utile mandare un astronauta di colore sulla luna. Questo scatenerà una serie di reazioni a catena che porterà non solo a una nuova offensiva dei nazisti contro gli Stati Uniti e il mondo intero, ma anche a una consapevolezza dei limiti umani quando si tratta di convivenza, tolleranza o di lottare contro un nemico comune.

Iron Sky è irriverente, provocatorio e a tratti demenziale, ma contrariamente alle aspettative di molti è anche sorprendentemente intelligente. Basandosi su di uno spunto fantascientifico e irreale, riesce però a svilupparsi in un furbo e scaltro gioco di satira ed effetti speciali incredibilmente straordinari – dato il budget ristretto – che intrattiene, fa divertire e fa sorridere amaramente. Sì, sorridere amaramente, perchè per quanto ironico, Iron Sky prende di mira stereotipi di ogni paese e cultura, lanciando frecciate avvelenate a Cina, Nord Corea, India, Finlandia etc. ma soprattutto Stati Uniti, a partire dallo slogan della presidente donna – yes she can – ai modi di fare da scuole medie nelle trattative mondiali. Con un ritmo sempre serrato e senza mai cali di tensione, Iron Sky procede nella sua storia senza esclusione di colpi fino a un finale inaspettato, ma specchio della triste realtà dei nostri giorni.
Chi o che cosa dobbiamo temere?  A quale governo possiamo credere? Le risposte sono, tutti e nessuno. I classici auspici di un mondo senza guerre, di una tolleranza globale e di pace per ogni popolo, sono e rimarranno ancora a lungo solo bei sogni, fin quando ci si ammazzerà per un parcheggio, per rubare un cellulare o perchè su qualche libro c’è scritto che bisogna odiare chicchessia.
Iron Sky riesce a far riflettere e a pensare sul passato, il presente e il futuro del mondo in maniera furba e mai banale, e anche quando la trama sembra degenerare in una parodia di Star Wars o Star Trek, non si tarda mai a riportare i piedi per terra e a ricordarci che il nostro mondo di oggi (perchè di questo si tratta) non è poi tanto diverso dalle apparentemente sconclusionate decisioni dei vari personaggi del film.
Geniale l’omaggio al Grande Dittatore di Chaplin, prima visto erroneamente come ‘corto’ per istruire le masse dei giovani nazisti, e poi usato nella sua interezza come termine di paragone di un film ironico e furbescamente comico quale Iron Sky.
Sottotitolo italiano inqualificabile.

VOTO: 7.5

RESIDENT EVIL: RETRIBUTION

di Paul W.S. Anderson con Milla JovovichSienna Guillory e Michelle Rodriguez

Non riesco a capire cosa sia. Sara’ Milla Jovovich, sempre affascinante e non invecchiata di un giorno dal Quinto Elemento, sara’ la presenza di zombi/non-morti di ogni tipo, sara’ lo slow motion esagerato della maggiorparte delle sequenze d’azione, saranno gli spaventosi cani-zombie, tra l’altro non presenti in quest’ultimo capitolo, ma sta di fatto che ogni volta che esce un nuovo episodio di Resident Evil non riesco a non guardarlo.

Alice continua la sua battaglia contro l’Umbrella Corporation aiutata da alcuni personaggi di contorno, vecchi e nuovi,  che l’accompagneranno in un viaggio tra realta’ virtuale, mostri e tecnologia che non fara’ altro che aggiungere domande e dubbi su che cosa stia veramente succedendo.

Dopo una pregevole parte iniziale collegata direttamente alla fine del quarto film e girata all’inverso, RE: Retribution diventa incredibilmente piatto, sconclusionato, ripetitivo e per niente all’altezza del primo o del secondo capitolo. E questa volta Paul W.S. Anderson ha davvero esagerato: i dialoghi sono quasi inesistenti, e quando qualcuno apre bocca e’ per dire frasi che espongono o spiegano la trama, oppure per imbarazzanti battute ironiche.
L’intero film e’ un susseguirsi di combattimenti tutti uguali intervallati da cambi di location che dovrebbero variare la dinamica e l’estetica del film, ma che in realta’ sono solo un espediente per far combattere Alice in diversi set costruiti apposta per un regista senza idee. Gli attori fanno quel che possono per sorreggere al meglio un baraccone costoso, ma vuoto, e tra tutti Michelle Rodriguez – che interpreta lo stesso personaggio da 12 anni – e Li Bingbing rendono il tutto almeno un po’ piu’ vero.
RE: Retribution non aggiunge niente alla saga, né dal punto di vista della storia né dal punto di vista degli effetti speciali e visivi, comunque straordinari fin dal primo film.
Il finale apre altre strade e pone nuovi interrogativi, ma a questo punto l’interesse e’ veramente a livelli di guardia….almeno fino al prossimo episodio!

VOTO: 5